VIII Rapporto sull'impegno sociale delle aziende in Italia


Pubblicato il 06.07.2018 in Eventi

Da “produci e vendi” si è passati ad “ascolta e rispondi”: in questo cambio di paradigma – riproposto da Roberto Orsi, Direttore dell’Osservatorio Socialis – si spiegano i dati di investimento delle imprese italiane nelle attività di CSR (Corporate Social Responsibility): quasi un miliardo e mezzo di euro (1,412 mld per l’esattezza) rivolti al territorio e alle comunità locali, alle azioni di riduzione dell’impatto ambientale per le spese energetiche e per la raccolta dei rifiuti; ma anche messi a disposizione di una grande e crescente attenzione al coinvolgimento dei dipendenti e al supporto della cultura aziendale. Sono in estrema sintesi i contenuti dell’VIII Rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia, presentato a Roma (con la partecipazione di Acea, Ferrovie dello Stato Italiane, MSD, Prioritalia e Terna) presso il Ministero dello Sviluppo Economico. L’iniziativa è stata realizzata dall’Osservatorio Socialis di Errepi Comunicazione, in collaborazione con l’istituto Ixè, su un campione di 400 aziende con più di 80 dipendenti.

COMUNICARE E MISURARE
Gli investimenti in percorsi di responsabilità e sostenibilità sono ormai avvertiti come necessari, anche grazie alla spinta dei consumatori – ha spiegato Roberto Orsi – e stanno mettendo radici nelle organizzazioni che vogliono stare sul mercato in maniera più efficace e duratura. Le regole? Formare il personale; essere coerenti; condividere a tutti i livelli; ascoltare gli stakeholder; comunicare; programmare e misurare”.

Misurare e comunicare: non a caso una delle richieste più esplicite, registrate dall’indagine, riguarda la necessità di individuare un “riconoscimento ufficiale”, un “marchio” da poter esibire, per chi ha fatto della sostenibilità (ambientale, sociale, organizzativa aziendale) un carattere distintivo, una scelta definitiva. Ci vuole e ci sarà un “CSR Index” per stilare una classifica dei migliori nelle azioni di CSR. Un marchio di qualità, unico, nella consapevolezza che le “buone pratiche” della CSR sono assai diversificate nelle esperienze delle aziende.

Nel corso del convegno in cui sono stati presentati i dati dell’ottavo Rapporto sulla CSR, alcune aziende hanno avuto l’occasione di esporre la propria case history.

FS ITALIANE E LA COMUNITA’
L’esempio fornito dal Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ha riguardato un forte impegno sociale a favore dell’inclusione: in quattro grandi stazioni ferroviarie sono stati realizzati altrettanti centri di accoglienza, che rappresentano da qualche anno una possibilità reale di supporto all’emergenza vitale di molti migranti e di molti italiani in difficoltà. Ma oltre all’impatto sociale FS Italiane ha da tempo avviato una serie di azioni di recupero del patrimonio immobiliare e delle infrastrutture dismesse, come ha spiegato Bruno Zene, Corporate Shared Value di FS. Nel primo caso sono almeno 2mila le piccole stazioni ferroviarie minori e dismesse, che offrono un patrimonio immobiliare che può essere utilmente offerto in comodato d’uso gratuito per associazioni e comunità del territorio. Per alcune linee ferroviarie in disuso e non più ripristinabili si intravede invece un futuro da “pista ciclabile”, nell’orizzonte della sostenibilità anche fisica e sportiva.

RESTITUIRE COMPETENZE: PRIORITALIA E MSD
Se assai diversificate sono le esperienze, c’è uno spirito comune: restituire alla comunità parte di quel valore aggiunto che l’impresa ha prodotto facendo ricorso alle risorse umane, sociali e ambientali dei territori. È lo spirito con cui i manager italiani si avvicinano alla CSR, come ha ricordato Marcella Mallen, Presidente di Prioritalia. E come ha ribadito Nicoletta Luppi, Amministratore Delegato di MSD, l’azienda farmaceutica che ha scelto l’Italia da anni come luogo di uno dei suoi impianti produttivi, sottolineando l’importanza della collaborazione tra aziende, governi, ONG, Università. Restituire competenze per il bene comune e rendicontare con precisione e trasparenza: sono due dei mantra degli interventi susseguitisi al dibattito.

ACEA: IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ
C’è chi più di recente ha compreso la necessità – e la positività che si crea in termini di comunicazione – di sottoporsi a una rendicontazione puntuale e minuziosa delle attività di CSR, anche per le recenti norme introdotte dal Dlgs 254/2016 sull’obbligo della comunicazione dei dati non finanziari.
C’è invece chi da più tempo ha acquisito un nuovo modo di agire: Giuseppe Sgaramella, Responsabile Rapporti con gli Stakeholder e Sostenibilità di Acea, lo ha rivendicato alla sua società – che troppo spesso viene indicata nelle sue responsabilità di una gestione dei servizi decisamente problematica. Acea da vent’anni ha acquisito la buona abitudine di compilare un Bilancio di sostenibilità.

TERNA: I TERRITORI
Per alcune aziende l’impatto ambientale ha un peso ineliminabile. È il caso di Terna e della sua infrastrutturazione della rete elettrica. Luca Torchia, Direttore Comunicazione e Sostenibilità della società, racconta con orgoglio la sostenibilità come ascolto dei territori, delle comunità, dei cittadini. Ascolto che diventa rete, network per trovare le soluzioni migliori, interrogando tutti i portatori di interesse. Sostenibilità non è solo un contenuto di comunicazione, ma soprattutto un processo che produce valore per l’azienda e per il territorio.

Al convegno hanno preso parte anche i rappresentanti della politica, del non profit e delle istituzioni. Dalla Senatrice ed Economista ambientale Patty L’Abbate, al Presidente del Comitato Scientifico GBS (Gruppo Bilancio Sociale) Andrea Venturelli, a Benedetta Francesconi, Direzione Generale Politica Industriale, Competitività e PMI del Ministero dello Sviluppo Economico, alla Consigliera della Regione Lazio Valentina Grippo, fino all’avvocato Mauro Bellofiore (Consob) e al Professor Mario Alberto Battaglia, Presidente  della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla.

Quasi la totalità delle imprese usa sistemi di misurazione del valore delle iniziative, primo fra tutti l’analisi del profilo dei rischi, poi la valorizzazione dei costi esterni ambientali e sociali internalizzati, il calcolo dello SROI e la mappatura delle iniziative in relazione con gli interessi degli stakeholder.

Il 97% delle aziende che fanno attività di CSR si dichiara soddisfatto. L’85% ritiene che le politiche di CSR rendono l’impresa “più attrattiva e affidabile in termini di accesso al credito e come possibile oggetto di investimenti”.



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