Tra povertà e aiuto, viaggio nella Roma degli invisibili


Pubblicato il 15.09.2022 in News Sociale

Nell’ultimo Rapporto sulla povertà relativo al 2020, il 23,6% dei romani vive in condizioni di disagio economico, , mentre il 10,3% sopravvive in uno stato di “grave deprivazione materiale“.

 

Maria e Orlando bussano alla porta alle 7,30 di mattina. Mezz’ora prima dell’apertura del centro di accoglienza, a due passi da Castel Sant’Angelo. Sono marito e moglie, entrambi ottantenni, e portano in mano con fatica buste piene di panni. “Dovremmo fare una lavatrice”, sussurra ai volontari la signora ben vestita. Almeno per oggi potranno accendere il gas per prepararsi un pranzo a casa, che possa bastare anche per la cena. Due volte non si può usare l’elettricità.Ogni giorno sono 50 gli uomini e le donne che a via di Panico chiedono aiuto per i servizi di lavanderia e doccia. È il Centro di Carità voluto da don Pietro Sigurani, il “prete degli scartati” morto ad inizio luglio. Altre 100 persone, per ogni pranzo e cena, riempiono la mensa di via Monterone, aperta dal sacerdote nel 2021 e attiva di nuovo dal 3 settembre grazie all’impegno di decine di volontari. «In questi mesi ci troviamo a dare risposte per lo più a bisogni primari – spiega Francesco, tesoriere dell’Associazione Néoronéargento, fondata da don Pietro -. Sono molti gli italiani che vengono a mensa, perché da noi fanno un pasto completo e la sera non sono costretti ad accendere il gas. Se non si trovano soluzioni al caro energia, da gennaio per molta gente già povera sarà la fine». 

ALCUNI DATI SULLE POVERTA’ A ROMA

È drammatica la fotografia scattata da Caritas Roma, nell’ultimo Rapporto sulla povertà relativo al 2020 e presentato lo scorso aprile: il 23,6% dei romani vive in condizioni di disagio economico, con un reddito inferiore ai 15mila euro all’anno, mentre il 10,3% sopravvive in uno stato di “grave deprivazione materiale“. Fino ad arrivare al dato più tragico, con il 14,1% degli abitanti che si troverebbero a rischio indigenza per un reddito percepito inferiore al 60% del reddito medio. Quasi una persona su sette, dunque, dei 2 milioni e 900 cittadini della Capitale potrebbe finire in povertà “relativa”. Un macigno che pesa sulle spalle, entra con te nel supermercato e ti costringe a contare ogni euro che spendi. Un quadro che preoccupa anche a livello italiano, con numeri ai massimi storici. Infatti, secondo l’Istat, il dato della povertà relativa in Italia ha visto toccare nel 2021 l’11,1% della popolazione (da 10,1% del 2020).Quando i soldi non bastano per arrivare a fine mese, e per assicurarsi un pasto dignitoso ogni giorno, come accade a Maria e Orlando, allora il nome da usare è “povertà assoluta”. Nel 2021, come i due anziani, sono stati sotto la soglia di povertà in Italia circa 5 milioni e 600mila persone, pari al 9,4% dell’intera popolazione. E se il 2020 e il 2021 sono stati gli anni orribili dei lockdown per il Covid e della crisi economica in esplosione, il 2022 già piange le conseguenze della guerra in Ucraina, dell’inflazione e del caro bollette. Per l’Istat, alla fine di quest’anno si rischiano un milione in più di persone in povertà assoluta. 

UNA CITTA’ SPACCATA IN DUE

Ma i numeri dell’indigenza a Roma raccontano, come trend costante negli anni, di una “città nella città”. Il livello di reddito, come riporta l’ultimo rilievo di Roma Capitale, registra vere e proprie voragini tra il centro sempre più elitario e le periferie in continua espansione verso l’esterno. E a questo fenomeno corrispondono, secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle finanze sui redditi dichiarati nel 2019, disuguaglianze sempre più accentuate tra i municipi, per quanto riguarda opportunità, occupazione, istruzione e salute.

Tra le case popolari e i “palazzoni” di Tor Bella Monaca e del municipio VI, si incontrano i redditi più bassi di Roma, con un valore medio imponibile di 17.460 euro annui. A poca distanza il popolare Municipio V, sempre nel settore est di Roma, dal quartiere Alessandrino al Pigneto, con entrate medie attorno ai 19mila euro. Ai primi posti, invece, si confermano I e II Municipio, con un reddito che supera i 39mila euro, nel primo caso, e sfiora i 42mila nel secondo. Si parla dei rioni del Centro storico e di quartieri come Parioli, Flaminio e Salario. I numeri riguardano, ovviamente, le entrate percepite dai cittadini italiani, mentre per gli stranieri la faccenda è del tutto diversa.Altro breve cenno ai numeri delle persone senza fissa dimora. Secondo una ricerca del 2016, menzionata dall’ultimo rapporto della Caritas sui senza dimora a Roma del 2018, il numero di chi vive in strada è stimato tra i 14.000 e i 16.000 uomini e donne. Dai dati Istat del 2014, si tratta per lo più di maschi, stranieri, con età media nei dormitori pari a 45 anni, ed in strada superiore a 35 anni.  Nel censimento del 2022 invece, prodotto dall’associazione romana Nonna Roma, il 37,7% del totale di chi vive in strada (e non nei circa 100 dormitori, con 1016 posti messi a disposizione da Roma Capitale) è registrata nel Municipio I, con 591 persone. 

LO TSUNAMI DELLA POVERTA’ ENERGETICA

Non solo la mancanza di cibo, di un letto o di lavoro. Non solo dispersione scolastica, solitudine e povertà sanitaria. Accanto alle “vecchie” povertà, la crisi economica e l’aumento del prezzo di gas in bolletta stanno facendo schizzare anche i numeri di chi è a rischio povertà o vulnerabilità energetica. Significa che un gran numero di persone, circa l’8 % delle famiglie italiane nel 2020, secondo l’Osservatorio italiano sulla povertà energetica, hanno difficoltà a riscaldarsi nei mesi più freddi.Si tratta di un fenomeno non nuovo, come sottolinea Furio Truzzi, presidente nazionale di Assoutenti, «che già colpisce 10 milioni di persone». «E’ una fetta di popolazione che si sta ingrossando – spiega – e che quest’anno con la crisi energetica potrebbe arrivare anche a 20 milioni”. Per Assoutenti, che fa parte dell’Alleanza contro la povertà energetica, una delle soluzioni è recuperare «quella grande quantità di rinnovabile che si sperpera per mancanza di infrastrutture in grado di contenerla, in modo tale da dirottare l’energia verso le fasce deboli della popolazione». 

CHI ACCOGLIE I POVERI A ROMA: L’ASSO DEL VOLONTARIATO

Mustafà non ha un piede, glielo hanno amputato da poco. È stato dimesso dall’ospedale ma non ha un posto in cui continuare la riabilitazione e non ha documenti in regola. Vive ospite nelle strutture di Binario 95, nei locali della Stazione Termini. Il centro, gestito dalla cooperativa sociale Europe Consulting Onlus, è dal 2002 un polo di inclusione sociale per le persone senza dimora della zona, e di supporto alle marginalità. Cura e aggiorna un database consultabile online, con tutti i servizi, le strutture e i centri messi a disposizione da Roma Capitale, e affidati ad enti e associazioni, per l’accoglienza di chi ha bisogno. E’ l’Osservatorio cittadino sulle marginalità sociali.A oggi la rete della solidarietà a Roma, legata ai progetti del Comune, conta 142 strutture di servizio dispiegate tra i 15 municipi della città, con 37 organizzazioni coinvolte. Con la messa a disposizione giornaliere, secondo l’Osservatorio, di 105 posti diurni, 2658 accoglienze notturne e 1891 pasti donati, per un totale, da inizio 2022, di 822.500 interventi e 17.350 persone prese in carico. Di questi il 71% sono uomini, 77% stranieri e 23% italiani, per lo più tra i 18 e i 45 anni. Un movimento solidale non di poco valore, se si pensa che nel conteggio manca il censimento delle parrocchie e delle associazioni di volontariato che si impegnano in attività di supporto alle povertà senza comparire nei censimenti ufficiali.

Non bastano però i servizi diurni e le accoglienze notturne, secondo Alessandro Radicchi, fondatore di Binario 95 e presidente della cooperativa sociale Europe Consulting Onlus. «Ci dovrebbe essere un servizio diurno H9 (aperto 9 ore al giorno) in ogni municipio – dice – invece ce ne sono 3 in tutta Roma. Non bastano neanche i 15 centri H24, sono pochi 300 posti. Con i servizi per i senza fissa dimora si dovrebbe fare di più». Per Radicchi un altro dei grandi problemi è la mancanza di assistenza sociosanitaria e psicologica per gli emarginati.Proprio Binario 95 ha da poco inaugurato uno sportello psicologico per senza fissa dimora. «Negli H24 spesso ci si ritrova ad avere tantissime persone con problematiche sanitarie complesse che escono dall’ospedale e non trovano altro posto dove stare. – continua Radicchi -. Occorre puntare anche all’integrazione sociosanitaria, e per questo servono strutture, piani istituzionali e professionalità adatte». Dal servizio doccia alla lavanderia, dallo sportello legale all’ambulatorio medico, la maggior parte dei centri si concentrano tra I e II municipio, da Trastevere a San Lorenzo, passando per i quartieri del Centro storico della città. Tra questi anche le strutture gestite da Caritas e Sant’Egidio, che ogni anno, da 32 edizioni, pubblica la “Guida dove”, un vademecum per chi non ha casa o è in difficoltà, dove segnala tutte le strutture in cui poter mangiare, lavarsi, dormire, trovare assistenza.

Salta subito all’occhio l’assenza di strutture di prossimità nei municipi più colpiti da marginalizzazione e disagio economico, soprattutto nel quadrante est della Capitale, dove non ci sono accoglienze notturne. Al conteggio dell’Osservatorio, però, occorre aggiungere almeno il dato dei centri Caritas attivi nelle parrocchie romane, con centri d’ascolto, distribuzione di pacchi alimentari e vestiario, supporto legale. Si tratta di 73 sportelli Caritas parrocchiali nel settore Est, tra municipio V, VI e VI, 49 nel settore Sud, che comprende anche Ostia e il Municipio X, 70 nel settore Ovest, 16 nel Centro, 76 nel settore Nord. Per un totale di altri 284 presidi volontari sul territorio.Se le risorse del Comune non sono ancora abbastanza per far fronte ai bisogni crescenti di chi abita a Roma, dunque, a sopperire pensano le associazioni del Terzo settore e i progetti delle amministrazioni municipali. Vero asso nella manica delle città italiane nella sussidiarietà, mai abbastanza valorizzato.


 

 

 


Autore: Agnese Palmucci
Fonte: Lumsa News