Quelle notti tra i cartoni e i tarocchi


Pubblicato il 20.10.2005 in News Sociale

Viaggio tra i senza dimora. Le vite invisibili sui marciapiedi

Vanno a messa per imparare l'italiano. La notte nascondono le scarpe sotto la testa perché sono merce rara, il letto è un pezzo di cartone. Hanno le vite sospese perché apolidi, rifugiati politici, con il sogno di una vita migliore o l'incubo di quella passata. La vita senza dimora è fatta di paura: senza diritti e in lotta con i clan della strada che non ti fanno lavorare ai semafori, ti cacciano se provi a chiedere l'elemosina nella zona già presidiata, ti derubano di notte.
Pasta, pomodoro
e vite spezzate
Stazione Ostiense, ore 20. La città normale ancora si confonde con i volti scavati dalla fame, i vestiti sporchi e i panni stesi sulle siepi. Un'ora dopo tutto cambia. Finisce la giornata, inizia la ”Notte dei Senza Dimora”, la manifestazione organizzata dal giornale di strada Terre di Mezzo con la Croce Rossa. Notte di musica, solidarietà e invito alla città normale a conoscere quella invisibile. I volontari della Cri distribuiscono la cena a 400 persone: 45 chili di pasta, 22 di pomodori, 15 di fagioli. Le vite spezzate si siedono a tavola. Hanno saputo della nottata grazie al passaparola. Antonio Buoniconti, napoletano, 44 anni, da 15 a Roma, ha avvertito molti amici. Fino a pochi mesi fa viveva sotto i portici di piazza Augusto Imperatore, poi un amico gli ha regalato un camper parcheggiato sulla Casilina Vecchia. Si definisce «taroccaro». Prese in mano le carte la prima volta per pagare il funerale della mamma. Dice di aver fatto le carte anche a Simona Torretta prima che partisse per l'Iraq e di averle predetto «un avvenimento brutto». Il suo ricordo più bello è il Giubileo dei Senza Tetto quando ha conosciuto il Papa. Accanto ad Antonio c'è Luciano Rosati, 58 anni, di Terni. Dorme a piazzale dei Partigiani da 20 anni. Dice di essere amico degli afghani perché gli insegnano l'inglese. Dei polacchi perché conoscevano «Carlo Wojtyla, un bravo Papa». Lavorava nei cantieri a Ostia poi lo hanno licenziato. Gli piace recitare le poesie che gli insegnò la maestra Rosetta alle elementari, «l'unica che m'ha voluto bene».
Il cavallo afgano
e l’uomo senza patria
Odore d'aglio. Alle 21.30 arriva la cena. Aspetta il suo turno seduto su uno scalino Abib. Tunisino, 41 anni, volto scavato dalla fame e occhi che gridano «aiuto». Faceva il muratore, due mesi fa si è fatto male e quando è tornato al cantiere gli hanno detto: «ne abbiamo trovato un altro». La sua doccia è la fontanella della Garbatella. Chiede di lavorare. Gli hanno detto di andare a viale Palmiro Togliatti all’alba e di farsi raccattare dal caporalato. Inizia la cena, accanto al murales di pensieri tracciati su un lenzuolo. Salama, Natibak. Firme, frasi e disegni. Eftikhar, 17 anni, disegna un cavallo perché gli ricorda il buskashi, sport nazionale afghano. È partito da Ghazni, attraversato il Pakistan, l'Iran e dalla Turchia ha preso la nave che l'ha portato a Foggia: 2500 euro per il viaggio di 12 ore stipato in un container. E' un rifugiato politico, ismaelita, «minoranza perseguitata dai Pashtun». A Roma gli fa da papà Alì, tagiki, anche lui rifugiato, torturato dai talebani. Aspetta da 6 anni a piazzale dei Partigiani che la sua vita cambi. Non ha lavoro e assistenza. Come Yamir, 45 anni, che non sa di che nazionalità sia. La Macedonia non ha mai voluto dargli la cittadinanza perché è nato in Bosnia. La Bosnia nemmeno perché ha i genitori macedoni. Cambia sempre posto per dormire perché ha paura.
La chitarra rubata
al Colle Oppio
E poi ci sono le file per avere le coperte consegnate dalla Croce Rosse e bisogna fare in fretta perché molti devono prendere l'ultima corsa dell'autobus per tornare a 'casa': al Colle Oppio, sulla Casilina, a Rebibbia, qualcuno tra spartitraffico della Colombo. Per strada c'è anche Mariusz Adamek, 33 anni, polacco, in cerca di un futuro migliore. Per ora ha avuto solo stenti, il furto al Colle Oppio della sua chitarra e 50 euro per una settimana di lavoro dall’alba alla notte al mercato di Campo de' Fiori. E’ uno di quelli che dormono dentro le coperte blu, sotto le palme nel della stazione. E di notte, nel silenzio e sulla strada, si sentono i respiri e il freddo. Elsa racconta di essere stata internata dai figli per strapparle la pensione, poi è finita qui. Rosa e Giosè sono una coppia e cercano un po' di intimità tra le strisce blu di un parcheggio. Alle 5 chi è fortunato ha la colazione degli Scout. Alì, Abib e Luciano raccolgono i loro letti tra i viaggiatori che vanno e vengono. Alle 6 la città inizia a farsi sentire. I gabbiani gridano. Gli autobus ripartono. La città normale è tornata. Un tassista guarda chi ancora dorme davanti alla stazione e grida: «Sveglia! Hanno fatto un albergo a 5 stelle, qui?»


Autore: Laura Bogliolo
Fonte: Il Messaggero