Quale futuro per i rom sgomberati dal campo di via Capo Rizzuto a Milano?


Pubblicato il 14.07.2005 in News Sociale

''Sono sempre stato contrario ai campi nomadi''. Parola di rom. A pensarla così è Nazareno Guarnieri, operatore psicopedagogico, ex vicepresidente dell'Opera nomadi. ''Il campo è un'invenzione delle organizzazioni pro-zingari''. 

Quale futuro per i rom sgomberati dal campo di via Capo Rizzuto a Milano? Le cronache di questi giorni continuano ad occuparsi dei 76 rom rumeni in regola (tra cui circa 40 bambini) che, dal giorno dello sgombero, stanno dividendo le coscienze dei milanesi. Non possono essere espatriati, ma nessuno li vuole. Prima il Comune li ha ospitati nella sede della Protezione civile, poi si è attivata la Casa della Carità della Caritas Ambrosiana. E la “società civile” ha sottoscritto per loro un appello. In realtà nessuno li vuole, tanto che lo stesso prefetto di Milano, Bruno Ferrante, ha richiamato cittadini e, soprattutto, istituzioni alle loro responsabilità. A dir la verità a trovare una soluzione ci ha provato un privato, l’imprenditore Marco Cabassi, che ha offerto un terreno a Trezzano sul Naviglio per l’allestimento di un nuovo centro. Proposta non accolta dallo stesso sindaco di Trezzano, secondo cui si verificherebbero problemi di sicurezza e anche sanitari. E allora?
Vicenda milanese a parte, la situazione di queste settimane e le vicende di cronaca che hanno portato allo sgombero di via Capo Rizzuto, hanno fatto sorgere una domanda: i campi nomadi sono una soluzione al problema?
 
"Sono sempre stato contrario ai campi nomadi". Parola di rom. A pensarla così è Nazareno Guarnieri: 52 anni, due figli, insegnante elementare, operatore psicopedagogico, ex vicepresidente italiano dell'Opera nomadi. "Io non ho mai condiviso il discorso dei campi nomadi -dice Guarnieri -: nella nostra cultura non esiste, è un'invenzione fatta dalle organizzazioni pro-zingari. E' dalla fine degli anni '60 che questi campi nomadi vengono costruiti: oggi sono diventati ghetti, favelas, luoghi dove la criminalità impera. Non c'è un campo nomadi in Italia dove non sia così. Un'organizzazione statale seria dovrebbe prendere atto di questo fallimento, per avviare processi di integrazione". Una posizione che ha portato Guarnieri a criticare anche la recente proposta della Provincia di Milano di creare micro-villaggi per nomadi sul territorio provinciale (vedi lanci del 23 maggio 2005; ndr).
"I microvillaggi sono una fesseria: in Italia si vive nelle case, non nelle capanne. Non ho mai incontrato il rom serio e regolarizzato che preferisca il campo alla casa. Ultimamente si sta pensando alle microaree – dice Guarnieri -: insediamenti per famiglie allargate composte da 3-5 nuclei familari, che magari diventano 20 nel giro di 2 anni e si trasformano in un campo nomadi nel giro di 10 anni".

Quale può essere l'alternativa?
"Offrire loro una casa. In Abruzzo, dove vivo io, non abbiamo nessun campo nomadi. Nemmeno per i rom di nuovo insediamento, che vivono regolarmente nelle case in affitto dei privati o negli alloggi dell'Ater (Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale; ndr)".
Ma i rom non sono nomadi?
"Il nomadismo non c'è più: i rom italiani e stranieri ormai sono tutti stanziali".
Cosa si fa in Abruzzo?
"Facciamo un esempio: tempo fa sono arrivati in Abruzzo una valanga di rom kosovari che andarono ad occupare un'area industriale, poi sgombrata. Oggi il 75% di loro abita in case della provincia di Pescara e il resto si è configurato come elemento di illegalità. I rom seri condivide il percorso della casa: dobbiamo dare loro una possibilità".
Per esempio?
"In Abruzzo abbiamo avanzato una proposta di legge regionale perché i rom possano avere accesso alle case Ater senza passare dal bando. In tal modo i rom non hanno diritto di scelta sulla casa e possiamo distribuirli a macchia di leopardo sul territorio. Questa può essere una via all'integrazione: se si dà ai rom la possibilità di scegliere, tendono tutti ad abitare vicino. Poi non c'è vera integrazione senza coinvolgimento attivamente i membri delle comunità Rom e Sinti, a pattto che abbiano una trasparente moralità e una documentata professionalità in ambito sociale. Soltanto loro sono in grado di capire e conoscere i bisogni delle loro comunità: in Italia chi si occupa di rom spesso suona 'ad orecchio'".
In Italia ci sono già figure di questo tipo?
"A Pescara sto seguendo un progetto con 6 operatori rom, 4 maestre diplomate e 2 persone ancora in formazione. Quando si lavora con i rom i risultati sono grandi: loro sono in grado di capire a fondo la loro comunità. In Italia i rom esperti in ambito sociale ci sono, ma devono essere utilizzati.
Gli enti locali e le Istituzioni devono applicare una regola: ogni decisione che coinvolge la comunità Zingara deve essere confrontata con esperti rom e sinti e poi decidere la scelta politica. Dopo i numerosi fallimenti in tutte le aree sociali non è più possibile dare credito a personaggi che hanno dimostrato la loro incapacità".
Cosa si può fare per migliorare la situazione?
"In Italia il denaro c'è, manca la volontà politica e di indirizzo da parte delle organizzazioni che si occupano di rom. Se andassimo a vedere quanto spende il Comune di Milano per i campi nomadi troveremmo cifre pazzesche, con cui potremmo costruire case per tantissima gente. Le possibilità ci sarebbero: il comune di Lamezia Terme ha ottenuto 6 miliardi di lire dall'Unione europea per costruire case ai rom. L'intergazione dei  nomadi è una cosa semplicissima: basta volerla a livello politico".

 

Redattore Sociale


Autore: ar