“Non esistono cause perse”: a Cosenza l’inaugurazione di “Avvocato di strada”


Pubblicato il 30.04.2022 in Eventi


Inaugurata, presso “La Terra di Piero” a Cosenza, la sede calabrese di “Avvocato di strada”, onlus nata da un’idea del suo presidente Antonio Mumolo, avvocato e consigliere regionale a Bologna

Antonio Mumolo presente a questo importante evento: “Purtroppo la pandemia e oggi anche le guerre lasciano degli strascichi. Durante le crisi, normalmente, chi è ricco diventa più ricco e chi è povero diventa molto povero”, afferma intervistato ai nostri microfoni. “In Italia sono moltissime le persone in strada, e “Avvocato di strada” si occupa proprio della tutela giuridica gratuita ed organizzata per tutte queste persone. Chi vive in strada, in stazione, nei dormitori, e per le vittime della tratta”. Persone “invisibili”, che perdono la residenza, e non hanno più la possibilità di lavorare, non hanno più diritto all’assistenza del servizio sanitario nazionale, perdono i diritti previdenziali e il diritto di voto. Diventano, in altre parole, inesistenti. “Tante volte è necessario un avvocato per uscire da questa situazione”, ci spiega ancora Mumolo, “riottenere una residenza e, con essa, la possibilità di vivere normalmente”.

Un’idea, quindi, quella nata proprio 20 anni fa a Bologna dallo stesso avvocato e consigliere regionale che, dall’esperienza di volontariato dell’associazione “Piazza grande” ha dato vita a questa onlus di avvocati che, in decine di città italiane, difendono gratuitamente i diritti e le persone senza fissa dimora. Una onlus che non si occupa soltanto di un fenomeno purtroppo oggi fortemente presente in tutta la penisola, ma che, allo stesso tempo, combatte la grave marginalità e la povertà estrema che ad esso si accompagna. Una povertà non solo dal punto di vista socioeconomico, ma che finisce per investire anche la condizione esistenziale di persone che si ritrovano senza casa, senza diritti, privati della loro identità. “Difendere i diritti dei più deboli significa difendere i diritti di tutti quanti noi”, afferma Mumolo, spiegando come la nascita di questo progetto sia sorta dalla consapevolezza che “in strada c’è anche una grande fame di diritti, perché lì le persone non hanno alcuna possibilità di rivolgersi a un avvocato. Abbiamo semplicemente pensato che si può fare volontariato in tanti modi, quindi anche utilizzando la professione, dedicando anche solo tre ore al mese del proprio tempo libero per tutelare i diritti di chi non avrebbe diversamente potuto esistere in Italia”.

Sono 58 gli sportelli oggi aperti in 58 città italiane, con più di 1.000 avvocati volontari, che offrono un servizio gratuito operando a titolo totalmente gratuito. Avvocati professionisti, praticanti, studenti di giurisprudenza e semplici volontari, che si adoperano per la tutela di migliaia di persone. Ogni anno, “Avvocato di strada” pubblica un bilancio sociale in cui sono suddivise le questioni di cui la Onlus si occupa, in tre grandi macroaree: diritto civile, penale, e amministrativo, a cui si aggiunge il diritto dei migranti. Chiunque abbia un problema legale può presentarsi allo sportello senza necessità di appuntamento, e verrà seguito da un punto di vista giudiziale e stragiudiziale. Parallelamente all’attività legale, la Onlus realizza pubblicazioni dedicate al tema dei diritti e della povertà, collabora a progetti locali, nazionali e transnazionali, e promuove campagne di sensibilizzazione nonché attività laboratoriali e formative nelle scuole.

PERSONE SENZA DIMORA E IL “DIRITTO DI ESISTERE” IN ITALIA: 500.000 “INVISIBILI” DEL NOSTRO PAESE

Una condizione che siamo soliti pensare lontano da noi, quella delle persone senza fissa dimora. Una strada che non pensiamo mai potrebbe un giorno diventare, con il suo duro asfalto e il gelido freddo della notte, l’unica “casa” in cui poterci rifugiare. Eppure, un fenomeno più diffuso ed esteso di quanto potremmo mai immaginare. Già, perché come ci tiene a precisare anche Antonio Mumolo, “oggi è facilissimo finire in strada. Ci sono lavoratori di 50 anni licenziati, pensionati al minimo, padri separati, imprenditori falliti, piccoli artigiani che hanno perso tutto”. Persone che avevano una casa, una retribuzione, e si ritrovano con nulla in mano, privati finanche del loro diritto di esistere.

Invisibili che, però, secondo il Censimento Permanente della Popolazione e delle Abitazioni 2021 dell’Istat, sono più di mezzo milione, e che negli ultimi dieci anni in Italia si sono quadruplicati: da 125mila nel censimento del 2011 a 500mila in quello del 2021. Nel 2014, poi, grazie a una convenzione tra Istat, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora, fioPSD, e Caritas Italiana, è stata realizzata in 158 comuni un’indagine sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema. Dalla ricerca è emerso che, nei mesi di novembre e dicembre 2014, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna 50.724 persone senza dimora, il 2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati. Un valore in aumento rispetto a tre anni prima, quando era il 2,31 per mille, 47.648 persone.

Sempre più spesso i motivi che portano alla condizione di senza dimora non sono riconducibili ad eventi eccezionali o a storie di particolare emarginazione. Al contrario, si tratta di avvenimenti che possono toccare molti: uno sfratto, una tensione familiare che non si risolve, la perdita del lavoro, una malattia possono trasformare, laddove manca il sostegno necessario, persone che fino a quel momento conducevano una vita “normale” in persone sprovviste di tutto. Per questo si possono incontrare anziani che hanno subìto lo sfratto, adulti che dopo una separazione coniugale perdono ogni punto di riferimento, e sempre più spesso giovani senza lavoro. Vivere per strada, dunque, quasi mai è una scelta, ma una condizione in cui ognuno di noi, nessuno escluso, potrebbe ritrovarsi a dover vivere. “È ormai cambiata la tipologia di persone che sono in strada”, afferma Mumolo durante la conferenza. “La povertà è aumentata, per cui non troviamo più tossicodipendenti o con problemi di alcolismo o di natura psichica, ma persone che non hanno nessun problema di salute, semplicemente persone che sono diventate povere”.

Quando una persona finisce in strada, perde la residenza. Non sembrerebbe nulla, ma in Italia alla residenza sono legati una serie di diritti fondamentali senza i quali non si può vivere: i diritti previdenziali, al welfare locale, alla salute, al voto, ad ogni aspetto che riguardi il nostro esistere all’interno della società”, afferma Mumolo.

Fra le iniziative dell’associazione, allora, anche quella di una legge che riconosca il diritto di residenza a tutte le persone senza fissa dimora, in modo da poter avere il medico di base, i documenti, e tutta una serie di diritti legati alla cittadinanza. Anche in Calabria sta per essere approvata questa norma, grazie all’impegno di Amalia Bruni, presente anch’essa all’evento: “In Italia ci sono ancora pochissime regioni con questa legge approvata, l’Emilia e la regione Puglia. Abbiamo pensato che questo potesse essere un passo di grande dignità, intanto perché è fondamentale che ogni cittadino abbia assistenza sanitaria e poi perché questo si dimostrerà nel tempo, ne sono convinta, un risparmio all’assistenza, in quanto i senza fissa dimora sono costretti ad andare in pronto soccorso. Un accesso al pronto soccorso costa dai 700 agli 800 euro in media, un’assistenza annuale con un medico di medicina generale solo 50 euro”.

Il concetto, comunque, è quello di ridare dignità alle persone e ad un fenomeno sociale purtroppo in crescita nella nostra terra”, prosegue Amalia Bruni ai nostri microfoni. “Entrano in questo discorso, chiaramente, il terzo settore, l’Anci, i comuni, i sindaci, tutte le istituzioni, e noi come consiglieri regionaliabbiamo avuto un ruolo di innesco di questa iniziativa, convinti che oggi comincia un percorso virtuoso con la riapertura di questa sezione che per un periodo non ha potuto lavorare”.

A ricevere e salutare Antonio Mumolo anche il sindaco di Cosenza Franz Caruso che, tra le altre cose, è avvocato penalista: “Il termine avvocato deriva dal latino e significa “chiamato a difendere”. Il volontariato e le associazioni che hanno oggi messo in campo a Cosenza, insieme alle città più importanti del nostro paese, un’iniziativa di questo genere, penso che debbano essere ringraziate da parte di tutti quanti noi”.

In questa città c’è tanto bisogno, tanta gente emarginata, non solo chi non ha fissa dimora, ma anche chi soffre difficoltà di una città, che come tante nel sud, non riesce a dare risposte ai loro bisogni. C’è tanta emarginazione, dolore, sofferenza. Una città che purtroppo ha barriere materiali e sociali, ma che ha nelle associazioni e nel volontariato un patrimonio inestimabile”. Una sofferenza e una situazione disastrosa, insomma, che solo la solidarietà, l’umanità, e il sostegno reciproco di cui Cosenza è colma può risanare.

La stessa solidarietà dimostrata da “La Terra di Piero”, sede di “Avvocato di strada” e attiva nel realizzare opere concrete di solidarietà in tutto il territorio.  Sergio Crocco, presidente dell’associazione, e il suo vice Eliseno Sposato, hanno spiegato: “Accoglieremo e affiancheremo gli avvocati di strada cosentini nella loro opera. I primi cinque sono Bruno Bonaro, Chiara Penna, Ciccio Galluzzo, Maurizio Nucci e Giuseppe Giudiceandrea”. Con l’apporto di Fulvia Fazio, i cinque coordineranno le loro attività con “La Terra di Piero”, in un nuovo progetto che riuscirà, forse, a restituire all’avvocatura la sua funzione sociale e alle persone la propria dignità di esistere.


Autore: Roberta Mazzuca
Fonte: Il Dispaccio