"Mi immagino parrocchie rumene ortodosse sparse in città. Diventerebbero luoghi di protagonismo sociale"


Pubblicato il 01.09.2005 in Eventi

"Mi immagino parrocchie rumene ortodosse sparse in città. Per rispondere in maniera accogliente ai nuovi immigrati bisogna inventare strumenti e linguaggi nuovi. Trovarli è compito nostro". La proposta di don Gino Rigoldi farà discutere questa sera all'incontro in programma alla Festa dell'Unità a Milano. Don Gino di immigrazione se ne intende. Cappellano nel carcere minorile Beccaria, vede entrare e uscire dalle porte blindate soprattutto loro: la gente dell'Est. Lituani, rumeni, bulgari, ucraini. I minori detenuti nelle celle del beccaria sono 76, la metà di loro parla slavo. "I giovani sono i soggetti più allo sbaraglio. Arrivano in Italia e si credono a El Dorado –dice il sacerdote-. Proporre loro di vivere in strutture protette è inutile.  Su 100 ragazzi che cerchiamo di sistemare negli istituti, abbiamo un fallimento del 100%".  Un dato difficile da accettare per don Gino, impegnato da sempre a fianco degli emarginati. Di fronte all'insuccesso dei luoghi classici di accoglienza, nasce un'intuizione.

 "Le parrocchie rumene diventerebbero luoghi di protagonismo sociale. Potrebbero essere gestiti da persone dell'Est – spiega il cappellano -. Il Patriarcato di Bucarest sarebbe disponibile a inviare dei giovani sacerdoti in Italia. In questo modo aumenterebbe la sensibilità sociale nei confronti dei nuovi arrivati. I sacerdoti manterrebbero vivi i contatti tra gli immigrati e potrebbero aiutare i loro connazionali a integrarsi". Terreni neutri dove trovare non solo un accompagnamento spirituale, ma anche assistenza legale e persone che parlano la propria lingua. Un ambiente per respirare aria di casa. "Per questa, come per le precedenti ondate migratorie ci sono dei beni essenziali da garantire: una casa, un lavoro dignitoso, degli spazi di relazione per vivere la cultura italiana, ma anche la propria – prosegue don Rigoldi -.  I nuovi immigrati hanno una religione e una cultura più contigua alla nostra. La maggior parte di loro sono ortodossi, anche se il loro senso religioso è affogato negli anni del comunismo. Eppure con i giovani occorre dialogare in modo nuovo per favorire un passaggio alla normalità".

Soltanto nella giornata di ieri a Rho, un comune dell'hinterland milanese, sono stati fermati due quindicenni rumeni sorpresi a derubare soldi e capi firmati a coetanei italiani. "Non sono ragazzi cattivi. Dirlo significa tagliare ogni possibilità di dialogo. Ma hanno una cultura pre-morale – commenta don Gino Rigoldi -. Ogni mezzo per loro è lecito pur di raggiungere i propri obiettivi. Per questo la prostituzione diventa un modo per avere soldi facili e una bella macchina. Anche rispetto ai reati più gravi non riusciamo a farli sentire in colpa".  Giovani senza etica. Il colpevole per don Gino Rigoldi ha un nome: Nicolae Ceausescu, dittatore della Romania fino al 1989. "Quando arrivò al potere abolì tutte le facoltà umanistiche. Prima tra tutte la filosofia. Sostituì il pensiero alla tecnica. Per questo i giovani vivono senza regole. Conoscono un'etica svuotata di ogni senso, dove l'unico principio è stabilito dal fare".

Redattore Sociale


Autore: Eps