L’applicazione delle modifiche apportate dalla legge Bossi-Fini al Testo Unico sull’immigrazione


Pubblicato il 12.07.2005 in News Sociale

Centri d'Identificazione. A che punto è l'applicazione dei decreti attuativi della Bossi-Fini in materia d'asilo a tre mesi dalla loro entrata in vigore? Silvestri Olivieri (Ics): ''Situazione di caos totale''. 

L’applicazione delle modifiche apportate dalla legge Bossi-Fini al Testo Unico sull’immigrazione prevede l’istituzione di 7 commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato (a sostituire la vecchia Commissione Centrale) e di 7 centri d’identificazione, uno in corrispondenza di ciascuna commissione, ovvero a: Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone, Trapani. La funzione di questi centri è il trattenimento del richiedente asilo. Trattenimento obbligatorio  qualora lo straniero sia stato fermato per aver eluso o tentato di eludere la frontiera o sia trovato in condizione di soggiorno irregolare. Facoltativo invece per stranieri in posizione regolare. Nel caso infine di presentazione di domanda di asilo da parte di straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione, il trattenimento è obbligatorio e si espleta nei cpt.
Il 21 Aprile 2005 sono entrati in vigore i decreti attuativi della legge. A tre mesi di distanza la loro applicazione pare lenta e farraginosa. Ne abbiamo parlato con Maria Silvestri Olivieri del Consorzio Italiano di Solidarietà (Ics).
Quanti sono i centri di identificazione funzionanti sul nostro territorio?
“Al momento ufficialmente sono soltanto 3: Foggia, Trapani e Crotone. A questi si aggiunge un caso particolare rappresentato dal centro “ibrido” di Bari Palese, che funziona contemporaneamente da centro di permanenza temporanea e da centro d’identificazione sebbene non sia previsto nell’applicazione della legge. Non è un caso che gli unici 3 centri aperti siano quelli localizzati a Sud, per fronteggiare gli arrivi con gli sbarchi”.
In questa fase transitoria dalla vecchia alla nuova procedura qual è la situazione?
“La situazione è di “caos totale”. Le stesse commissioni che dovevano essere già regolarmente insediate, in parte non lo sono ancora. Ad esempio nel caso di Gorizia, dove nel collegio della commissione non è stato ancora nominato il membro dell’ente locale. Uno dei problemi dell’applicazione della legge è infatti che non prevede alcuna copertura finanziaria per i membri degli enti locali. Per ovviare a questi problemi il Ministero degli Interni ha emanato una circolare in cui invita le commissioni territoriali a lavorare comunque, prescindendo dalla loro completezza o meno. Il risultato è che laddove non ci sono centri d’identificazione si lavora normalmente nei casi di procedura ordinaria (quando lo straniero è in posizione regolare) o di procedura semplificata per espellendi (reclusi nei cpt). Nei casi invece di procedura semplificata per stranieri irregolari che dovrebbero essere trattenuti nei centri d’identificazione succede che questi ultimi vengano inviati presso gli unici 3 centri aperti a sud. Il risultato, a parte il sovraffollamento delle strutture, è che non si capisce più chi sia competente per le domande di asilo. Se la commissione dove è stata presentata o quella del territorio dove il richiedente è trattenuto nel centro”.
Ma almeno le commissioni lavorano bene o peccano di professionalità come si temeva prima della riforma?
“In verità i lavori delle commissioni territoriali procedono bene, i colloqui durano tre quarti d’ora in media per ogni persona e i tempi di 15 giorni sono rispettati, probabilmente per il fatto che stanno ancora lavorando su numeri decisamente piccoli di domande. Sulla serietà dei lavori delle commissioni vale la presenza di un membro Acnur al loro interno, con diritto di voto”.
E per quanto riguarda invece le vecchie domande pendenti?
“Questo è il vero problema. La Commissione stralcio a Roma, quella che era la vecchia Commissione centrale per il riconoscimento per lo status, deve smaltire un totale di circa 25.000 domande di asilo presentate prima del 21 aprile. I tempi d’attesa rimangono lunghissimi (due anni e oltre) e i colloqui sono sempre più sbrigativi e sommari. In una decina di minuti si decide del destino di una persona e con un’evidente impossibilità di capire le vicende della persona”.
Ma non erano solo 10.000 i richiedenti asilo in Italia secondo il ministero dell’Interno?
“No, 10.000 è il numero di permessi di soggiorno rilasciati per motivo richiesta asilo ogni anno, ma questo dato non tiene conto dei lunghi tempi di attesa, per cui oggi ci troviamo nella situazione in cui le persone che hanno fatto richiesta di asilo da due anni a questa parte devono ancora attendere una risposta e c’è il rischio che questa risposta venga loro data in modo sbrigativo per smaltire il più velocemente possibile la mole di lavoro della commissione”.

Redattore Sociale


Autore: Gabriele Del Grande