Bambini dietro le sbarre.


Pubblicato il 19.12.2005 in Eventi

A Milano esperti a confronto sulle problematiche dei detenuti con figli. Giuffrida (Dap): ''Ben venga il volontariato ma le istituzioni devono assumersi le proprie responsabilità''

Essere detenuti e genitori. Per cercare di comprendere le difficoltà e valutare le risorse legate alla relazione fra padri e madri in carcere e i loro figli, l'associazione "Bambini senza sbarre" ha organizzato un convegno dal titolo "Carcere e diritti dei figli", svoltosi oggi presso l'Università degli Studi di Milano. Un seminario patrocinato dal Provveditorato regionale per la Lombardia del Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), in collaborazione con la federazione dei Relais Enfants Parents (Intermediari bambini-genitori) e con Eurochips (Comitato europeo per i bambini di genitori detenuti), che punta a far luce sui problemi dei 60 mila genitori in carcere, degli oltre 48 mila sottoposti a pene alternative alla detenzione e dei loro figli: oltre 108 mila bambini costretti a vivere l'esperienza del carcere.

Se l'educazione ha bisogno di continuità, la soluzione ai problemi delle carceri si chiama rigore: "quello che serve a trasformare una buona prassi in un principio di sistema", ha detto Anna Finocchiaro, parlamentare dei Ds e firmataria della legge 40 del 2001 che permette la detenzione domiciliare speciale per le donne con figli minori di 10 anni. "Solo in quest'ottica anche la legge 40 potrà diventare operativa e rispondere alle esigenze che l'hanno ispirata". Diversi gli ostacoli che finora hanno reso il provvedimento di fatto inapplicabile e che la deputata ha denunciato: "Innanzitutto il vincolo relativo al rischio di recidiva e alla possibilità di ripristinare la convivenza che, ad esempio, impedisce la detenzione domiciliare nel caso di donne straniere senza stabile domicilio". Anche per questo nella proposta di legge promossa dalla Finocchiaro per la modifica della legge 40 si chiede la creazione di case-famiglia protette: "alloggi per circa 60 donne all'anno, una necessità davvero poco onerosa, checché ne dica chi non condivide le nostre istanze". A proposito di donne straniere, la deputata diessina  ipotizza anche di prevedere un ricongiungimento familiare "capovolto", da attuarsi nei casi in cui il genitore detenuto sia sottoposto a provvedimento di espulsione, "affinché il figlio (che si trova già in Italia, ndr) possa 'chiamare a sé' il genitore", impedendone l'espulsione.

Provvedimenti e risposte possibili da parte del legislatore e in sintonia con i bisogni verificati dal Dap: "A lungo abbiamo 'intrattenuto' i detenuti -ha detto Maria Pia Giuffrida, della direzione Dap di Roma- e delegato a soggetti terzi responsabilità che sono delle istituzioni: non basta occuparsi di ciò che è dentro il carcere; bisogna anche e soprattutto prendersi cura di ciò che è fuori". Attenzione ai percorsi pedagogici dei figli durante e dopo la detenzione dei padri, quindi, e assistenza al ripristino e al mantenimento della dignità della persona: "Sono in cantiere progetti di analisi delle sezioni femminili delle carceri, affinché la connotazione al maschile dello spazio carcerario possa essere superata -spiega Giuffrida-. E ancora la creazione di 'ludoteche' per i bambini negli istituti di pena e iniziative per sperimentare modelli di intervento integrato fra il 'dentro' e il 'fuori' del carcere".


Autore: Erika Riggi
Fonte: Redattore Sociale