La gestione dell’Emergenza Freddo in tempi di pandemia


Pubblicato il 02.03.2021 in News Sociale


In piena emergenza sanitaria, per il secondo inverno, tornano le azioni relative alle emergenze freddo. Ma il freddo, che ciclicamente arriva, può ancora essere considerato emergenziale? fio.PSD ha incontrato, a distanza, un gruppo di soci per un approfondimento sulla gestione dell’emergenza freddo ai tempi della pandemia


Rispetto all’Emergenza freddo, la pandemia ha richiesto certamente un ripensamento dei servizi. Quello che probabilmente si è reso ancor più chiaro è stata la necessità di uscire dalle solite retoriche ammettendo che al di là dell’emergenza freddo e dell’emergenza sanitaria, esiste una emergenza che dura tutto l’anno ed è il dramma umano e sociale di chi una casa dove stare non ce l’ha.

La pandemia ha fatto da lente di ingrandimento mostrando i limiti del sistema di accoglienza ma allo stesso tempo è stato un acceleratore per la costruzione di risposte e soluzioni organizzative nuove che si ispirano ad un pensiero diverso. Si tratta spesso di soluzioni autogestite da chi offre i servizi, in fieri e precarie, ma in alcuni casi si sta assistendo ad una metamorfosi che merita certamente di essere approfondita.

In alcune città, il piano freddo è andato in continuità con il Piano Emergenza Covid, garantendo un’apertura H24 delle strutture di accoglienza che ha di fatto unito il servizio notturno al diurno (Torino, Milano, Genova, Palermo, Trieste). A causa dell’emergenza sanitaria, le strutture di accoglienza hanno dovuto dimezzare i posti disponibili e questo ha creato disagi e difficoltà a trovare un luogo dove stare per le persone senza dimora. In alcune città fortunatamente gli enti hanno aumentato (a volte raddoppiato) le strutture di ospitalità, proprio per garantire la copertura dell’accoglienza. Rimane il fatto che “alcune persone restano comunque in strada perché le strutture notturne non sono la risposta”. In alcune città come Milano, e non solo, la pandemia ha cambiato tutto. È cambiato il territorio nel senso che è cambiata sia l’utenza - più persone stanziali e meno persone transitanti da altre città, sia l’offerta.

La maggior parte delle organizzazioni ascoltate ha esattamente il termometro della situazione. Molte fanno parte di un tavolo di coordinamento, di cabine di regia cittadine, hanno siglato un Patto per le persone senza dimora e stanno ragionando su quali soluzioni investire; in alcuni comuni non c’è un vero e proprio piano freddo. Tra i cambiamenti più rilevanti vi sono una programmazione di lungo periodo ovvero un piano annuale di accoglienza. 

I cortocircuiti che si vengono a creare nella gestione delle emergenze sono dovuti alla mancanza di coordinamento tra ente comunale e strutture di accoglienza, per quanto riguarda l’accoglienza, parte sanitaria e parte sociale, per quanto riguarda invece la sorveglianza sanitaria e la gestione dei casi positivi, degli isolamenti e delle quarantene.

Uno dei lasciti della pandemia sono le tante riflessioni e tentativi di ripensare i servizi per persone senza dimora, che vanno nella direzione di superare l’accoglienza temporanea e offrire soluzioni alloggiative su piccoli numeri di piccole dimensioni che restituiscono dignità alle persone, favorendo percorsi di accompagnamento.


Fonte: Fiopsd